Rilevazione storiografica
(Fantapolitica: brano tratto da 'LO STORICO' di Berto Lunizzi)

Il fuoco del camino al centro della stanza scoppiettava illuminando l'ambiente fumoso di ombre e luci oscillanti.    Non erano una cosa spiacevole da vedere, quelle scintille che salivano verso l'apertura  centrale  del  tetto  e  quella  particolare luce delle lampade a olio a tratti rafforzata dalla  fiamma del focolare e da qualche torcia infilata in anelli di ferro sulle pareti tutto attorno, che illluminavano di colori cangianti le schiene e i volti, alcuni glabri e mal rasati, altri barbuti.
C'era  anche  qualche  donna  avvolta  in  pellicce  di  vari  animali, ma  per lo più si trattava di uomini. Seduti sul quelle panche, ruvide ma tutto sommato abbastanza comode, tutti consumavano la cena pescando con le mani in piatti di terracotta o di peltro, e mescendo vino e acqua in bicchieri di legno da grosse caraffe panciute.
Seduto di  fronte a  me, con i gomiti appoggiati sul tavolo di assi grezze e sorseggiando vino da un grosso boccale di peltro tenuto  a  due mani, uno strano  individuo di  mezza  età, reso calvo dall'uso continuo  dell'elmetto, mi  stava raccontando la sua storia e i suoi problemi con voce un po' incerta.
Davanti a noi un piatto con alcune uova sode e pezzi di formaggio pecorino, una scodella di lupini, una di fichi seccati conservati sott'olio, una preziosa scodellina con il sale, un canestro di  giunco  con alcuni  pezzi  di pane e pizza salata, due cucchiai di legno nuovo e qualche bastoncino aguzzo.
Marcus, così si  chiamava il mio amico, indossava  una  lunga  tunica di  lino sotto  una pesante veste di lana tessuta molto fitta, ed era a testa scoperta. Mise giù il boccale, afferrò un pezzo di pane e infilò un fico con lo spiedino di legno: «era veramente impressionante» disse «vedere l'orda spuntare dalla collina e gettarsi giù a spron battuto su quei loro cavallini urlando come pazzi e agitando i martelli e le asce ».
Si  fermò  un  attimo  per  riflettere  e  proseguì  il  racconto : «naturalmente  ho dato subito il comando di preparare i giavellotti, ma i ragazzi al mio fianco stavano lì pallidi e immobili, con le daghe che avevano sguainato appena avevano visto spuntare l'orda dalla cima della collina. Imprecando come un Ateniese, mandavo a quel paese quell'imbecille del sostituto di Rufo, che mi aveva messo a comandare una coorte senza dirmi che  cavolo  di  lingua parlavano, e provai prima il greco e poi l'aramaico.   Niente da fare, quei fessi venivano da un villaggetto del nord Iberia e penso capissero a stento i gesti. Feci segno di inguainare la daga e afferrare il giavellotto, e finalmente lo fecero».
Siccome  mi  interessava  molto  capire  bene  cosa  era  successo  effettivamente, lo interruppi « com'è possibile che non  ti  capissero? » domandai «non  è  forse  vero  che  l'addestramento completo comprende  anche l'insegnamento della nostra lingua ?». «Ma che addestramento ! » ribatté lui «nessuno  si  aspettava  che  dovessero  essere  impegnati prima di sei mesi, e quindi Rufo era partito già da un mese per andare tranquillamente a Lutezia, che come sai sta a circa 1000 miglia da qui, e passare Natale in famiglia.   Chi se l'aspettava una cosa come quella ! E poi d'inverno, co' sto freddo!».
Tracannò un altro sorso e mi spiegò che d'altronde, parlare di linguaggio comune non ha senso, tanto ormai nessuno più della nostra terra vuol fare il servizio militare. L'unica coorte italica che conosceva , riferì, è quella della famosa legione decima, dove c'è rimasto ancora qualcuno del Bruzio o della Bassa cisalpina. «Sai bene anche tu » esclamò amaramente «che  ormai  anche la  legge  non dà più nulla ai veterani. Guarda me ! Dopo quarantanni di servizio, solo il minimo per sopravvivere, e chissà fino a quando. Neppure una casetta in campagna... Vabbé che siamo tutti cittadini uguali, e che ci pagano a tutti il mensile, ma almeno a noi italici ... »   Sospirò e si mise in bocca un prezzo di pane e un fico «io ho fatto  il  militare  per  passione, perché mi piaceva viaggiare e girare il mondo, ma anche perché il mio trisnonno, che  aveva  fatto  l'ultima  campagna contro i marcomanni , ci aveva  parecchie  ferite  e  ci  aveva  pure  rimesso  un  dito della mano destra, ma alla fine gli avevano dato una pensione e una casetta con un terreno mica male, in riva al Nera».
A questo punto, mentre Marcus masticava pane e fichi, dovetti scuotere gravemente il capo in caso di approvazione. Quello che Marcus mi stava dicendo lo sapevo già, ma non avrei mai creduto che il quadro fosse così desolante come lui lo dipingeva.
Il console era un germanico, molto in gamba  a  quanto  dicono, ma  purtroppo le  truppe  erano abbastanza scadenti, non tanto come equipaggiamento, ma come addestramento. Tra un boccone e un sorso di vino mi raccontò che  oramai gli  italici  erano diventati per lo più pingui, grassi, e se possibile anche più sporcaccioni che mai; e  che  malgrado  la  Chiesa  stesse  facendo  un grande sforzo di moralizzazione, non approdava a nulla.
Nessuno più voleva rischiare la pelle per nessun motivo, e tutti stavano bene, magari  anche gli schiavi che erano rimasti quasi gli unici a dover fare lavori pesanti. L'esercito era costretto ad arruolare mercenari, e per di più sempre di minore qualità.«Troppi  soldi  in  giro, troppo  cibo, troppi divertimenti , vita facile e nessuna idea di Patria» sentenziò  Marcus  scuotendo  la  testa «dimmi  perchè mai la gente dovrebbe venire nell'esercito, e perché dovrebbe combattere? Pazienza per i greci che a noi italici non ci hanno  mai  sopportato, pazienza  per  gli africani, che non gli frega niente di niente, pazienza per i germanici che  tanto  dicono  che  si  difendono da soli, e per i galli che a quelli gli basta solo correre dietro alle donne, ma  almeno  noi dovremmo avere un po' d'orgoglio nazionale, o no ? Dopotutto il mondo vive in pace grazie a noi, e invece ...».
A questo punto Marcus era ormai lanciatissimo, e  si  mise a raccontarmi che a Roma avevano fatto una manifestazione per avere il bordello gratis «Ma che vuoi aspettarti ormai ? Anche li è pieno di arabi, nordafricani, greci, egiziani, nubiani, illirici  e  chi più ne ha più ne metta, e gli italici, e non parliamo dei romani veri, sono pochi. Tanti sono addirittura andati a stare in campagna, nei villaggetti sperduti ! ».   
Mi  disse  anche  che  l'ultima volta che c'era stato, a Roma, si vociferava  che  l'imperatore  avesse  pagato ai pretoriani e a molti senatori una cifra enorme per farsi eleggere.
Per riflesso tirai fuori il registratore e aggiustai la minitelecamera che avevo nel fermaglio della toga. Anche se un po' annebbiato dal vino Marcus notò la cosa «che accidenti hai in mano ?» domandò «non sarà mica una stregoneria ?». Assicurandolo precipitosamente che si trattava  solo  di  un portapillole di legno e vetro comprato in palestina, gettai  sul  tavolo  quattro sesterzi e lo salutai « adesso Marcus scusami, ma se posso torno  qui domani alla stessa ora».  Aggiunsi «sentirti raccontare le tue avventure mi piace molto.    E se puoi, porta  anche il tuo centurione a farsi una bevuta.  Intendo Rufus, sempre se è tornato da Lutezia. Ave atque vale, Marcus».
Mentre lui annuiva e si accingeva a finire il vino che rimasto nell'orcio, mi  alzai  in  fretta da tavola e uscii di corsa.
Accidenti, il racconto mi aveva tanto affascinato, che avevo quasi dimenticato l'appuntamento con la discontinuità temporale che mi doveva riportare a casa, cioè all'Istituto Nazionale di Storiografia. Girai l'angolo e il vortice mi inghiotti, non senza prima aver disintegrato ogni elemento  estraneo al nostro tempo, compreso l'abbigliamento che era stato imitato perfettamente, ma  doveva essere eliminato perché ormai aveva assorbito batteri ed elementi estranei.    Mi assicurai di aver registrato esattamente le coordinate, magari  tra  qualche  anno sarei  potuto  ritornare  lì  15  o  16  ore  dopo, e  detti  il comando vocale di rientro.       
Mentre il vortice mi trasferiva verso casa, e il computer di bordo elaborava e trasferiva i dati che avevo registrati, riflettevo che la situazione di quel tempo e di quel  luogo ove aveva avuto origine la cultura dominante  sul  pianeta  e che poi aveva anche  dato origine all'impero  galattico, era straordinariamente simile alla nostra attuale.
Certamente il Capo sarebbe stato contento del mio lavoro e avrebbe avuto altri utili elementi di riflessione per la sua equazione psico-storiografica ... (continua)

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