PROLOGO Il Nuovo Testamento è la raccolta dei ventisette scritti, tutti in lingua greca, che compongono la seconda parte della Bibbia cristiana. Si tratta di ventuno lettere, quattro vangeli, un libro di narrazione storiografica con evidente intento teologico (gli Atti degli Apostoli) e un testo apocalittico che si presenta come grandiosa visione profetica (l’Apocalisse). Questi scritti, diversi per genere letterario ed estensione, testimoniano la fede in Gesù di Nazaret, messia e Figlio di Dio, inviato escatologico di Dio per la salvezza dell’umanità, Parola definitiva di Dio all’uomo.Per i dettagli sul nuovo testamento possiamo leggere il testo CEI "La composizione del Nuovo Testamento e la formazione del canone (clicca)", dal quale traggo queste poche note, integrandole con i collegamenti ai testi delle 'lettere'.
2) I quattro Vangeli, composti nella seconda metà del I secolo costituiscono la seconda raccolta di scritti, che divenne poi fondamentale nel canone.
4) Lettera di San Giacomo Apostolo: Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù disperse nel mondo, salute. 5) Le lettere di San Giovanni Apostolo.
5) Lettera di Giuda:Giuda, servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo, agli eletti che vivono nell'amore di Dio Padre e sono stati preservati per Gesù Cristo. COME GIÀ HO DETTO NEL TRATTARE DEGLI 'ATTI DEGLI APOSTOLI', ANCHE PER LE 'LETTERE' CHE HO SOPRA ELENCATE NON DESIDERO QUI FARE UN RIASSUNTO, MA MI PROPONGO DI DARE UN PICCOLO CONTRIBUTO ALLA VERITÀ SULL'AMBIENTE STORICO NEL QUALE SI MUOVEVANO ED AGIVANO I LORO AUTORI. |
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LE LETTERE DI SAN PAOLO NELL'AMBIENTE DELLE ORIGINI Bisogna notare dal punto di vista storico che i Romani non sono quasi mai coinvolti nelle lotte tra ebrei.
L'amministrazione romana interviene il meno possibile nelle questioni religiose e interne dei popoli che 'sottomette' (governandoli direttamente o facendone dei protettorati governati da re e potentati locali). Del grande inquisitore e persecutore Saulo poi miracolato e convertito, possiamo leggere anche di come (il futuro San Paolo) potesse viaggiare alacremente e in modo relativamente rapido per tutta la Siria per incarico del Sinedrio per scovare gli eretici, e di come fu fulminato sulla via che conduce a Damasco (Atti 27, 1-9; 28, 10-19; 29, 19-25). Oltre ad essere un fariseo potente perché presumibilmente ricco, dal padre imprenditore di un'industria di produzione di tende per l'esercito, aveva ereditato per meriti di famiglia anche la cittadinanza romana. La facilità di viaggiare era grande, date le sue disponibilità finanziarie e la sua qualifica, anche se egli poi mise cristianamente a disposizione le ricchezze in favore dei fratelli cristiani. (#) Saulo "devastava la Chiesa; entrava nelle case, trascinava via donne e uomini e li faceva mettere in prigione."(Atti,22.3) |
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LE DUE LUNGHE LETTERE AI CORINZI L'ampiezza della corrispondenza epistolare tra Paolo e i Corinzi si deve al fatto ch'era stato proprio lui ad aver fondato in questa città la prima comunità cristiana, di cui andava molto fiero, ma che dal punto di vista dei 'mores' non gli dava le soddisfazioni che sui sarebbe aspettato. Se leggiamo queste lettere ci rendiamo conto che esse costituiscono sostanzialmente l'esortazione ad abbandonare uno stile di vita per nulla consono a persone che proclamano di essere cristiani. Fin dall'antichità preromana Corinto era infatti stata una città di costumi assai licenziosi, molto prospera e ricca. Dato che la citta era stata rasa al suolo dal console Lucio Mummio, nel 146 a.C., nel 44 a.C.Giulio Cesare ne ordinò la ricostruzione chiamando a ripopolarla molti coloni italici, sia veterani che liberti, giudicati con disprezzo dai greci. Nel 27 a.C. l'imperatore Ottaviano la fece capitale della nuova provincia senatoriale dell'Acaia, promettendole di risplendere come un tempo. Gli schiavi erano numerosissimi, gli ebrei avevano una loro importante sinagoga e l'elemento greco era meno presente, in rapporto al mezzo milone di abitanti, rispetto ad altre grandi città. Corinto era la meno greca delle città greche. Paolo giunse a Corinto alla fine del suo secondo viaggio, tra la primavera e l'estate del 51 d.C. e quando era solo e privo di mezzi di sussistenza, provenendo. da Atene da cui s'era volontariamente allontanato senza esserne stato scacciato. I Giudei della città, infastiditi dal suo proselitismo, aiutati da altre persone pagane lo denunciarono al proconsole dell'Acaia Gallione, fratello del filosofo Seneca. L'accusa era quella secondo cui egli, nelle città pagane, predicava una religione monoteista che minava le basi religiose dell'impero (anche gli ebrei ovviamente erano monoteisti, ma era loro interdetto il proselitismo). Il proconsole cacciò i giudei dal tribunale, in quanto, secondo lui, si trattava di questioni meramente religiose, nelle quali non voleva entrare. I Viaggi di San Paolo |
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LA LETTERA AI COLOSSESI La comunità cristiana di Colosso, città della Frigia (nell'odierna Turchia) sulla riva sinistra del Lico, era stata fondata, intorno al 54-55, da un certo Epafra, il quale era stato istruito da Paolo a Efeso, mentre parlava o nella sinagoga o nella scuola di Tiranno (cfr At 19,1-8; 19,9), e aveva ricevuto da lui il titolo di "ministro di Cristo" (1,7). La comunità, come di regola nelle comunità paoline, doveva essere composta prevalentemente di pagani convertiti. Epafra era in stretti rapporti con Paolo che ne parla in maniera autorevole, come se la comunità fosse stata una sua creatura. Il motivo della lettera dipese da una relazione che Epafra fece a Paolo, prigioniero, sullo stato di quella comunità neo-convertita. Evidentemente sentiva di non avere sufficiente autorevolezza per risolvere i problemi riscontrati. Di che problemi si trattasse, però, non si sa con precisione. Considerando che gli eretici doceti, come Valentino e Marcione, abusarono della lettera a sostegno delle proprie tesi, si può pensare che la questione fondamentale fosse di natura cristologica. Anche perché proprio in questa lettera S. Paolo si spinge a fare considerazioni altamente metafisiche, seppur espresse in forma molto sintetica, sulla figura di "Cristo-Capo", che è insieme "pienezza" (pleroma) della divinità, dell'umanità redenta e dell'intero universo. È probabile che, dopo la morte di San Paolo, la comunità di Colosso sia passata sotto l'influsso dell'apostolo Giovanni, che era favorevole all'insurrezione anti-romana quindi politicamente era ostile a Paolo stesso. Dal punto di vista storico si nota che gli Ebrei ortodossi continuavano l'opposizione senza quartiere alla nuova religione, specialmente nei casi di evangelizzazione rivolta agli ebrei, mentre i magistrati dello Stato erano soliti considerare le questioni religiose del tutto estranee alla loro sfera giurisdizionale, purché non ledessero le prerogative imperiali. Anche tra gli ebrei convertiti però continuava l'opposizione al governo di Roma, che poi portò alla distruzione di Gerusalemme e alla diaspora degli Ebrei, come Gesù Cristo aveva predetto. Con lo sviluppo del cristianesimo inizia la decadenza dell'immenso Impero, smembrato e diviso, prima spartendo il comando (1 Augusto e 1 Cesare per l'occidente, 1 Augusto e 1 Cesare per l'Oriente) e poi suddiviso in due, e infine anche togliendo alla città di Roma il carattere di capitale e centro della politica. L'Impero oramai aveva fatto la sua parte per la civilizzazione e la romanizzazione dei popoli d'Europa e un nuovo ordine stava sopravvenendo. Nota: Colosso (oggi Çürüsku) era una città della Frigia (nell'odierna Turchia) sulla riva sinistra del Lico, a sud-est di Laodicea, da cui distava circa 25 km. Fu proprio quest'ultima, fondata da Antioco III (261-246 a.C.), ad assorbirne quasi totalmente i commerci, ch'erano molto floridi a motivo della posizione strategica nell'area geografica che univa la metropoli Efeso all'Eufrate.Di questa comunità, tuttavia, non si saprà più nulla, se non che dalle sue rovine fu costruito, a 4 km di distanza, il villaggio Chonai (oggi Khonas). | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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LA LETTERA AGLI EFESINI Alla comunità cristiana di Efeso, costituita prevalentemente da gentili San Paolo indirizza una catechesi completa ed esaustiva che esamina punto per punto i doveri di cristiani che intendono conservare l'unità con Gesú Cristo: inizia spiegando IL MINISTERO DELLA SALVEZZA E DELLA CHIESA ovvero Il piano divino della salvezza, con il trionfo e la supremazia di Gesú Cristo, la gratuità della salvezza nel Cristo, la necessità della riconciliazione dei Giudei e dei pagani fra di loro e con Dio; fa appello all'unità di vita in Cristo e detta le norme morali, pubbliche e private che servono per ottenerla; anche qui come nella lettera ai colossesi egli raccomanda: "quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi;lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti." Nella Morale domestica Paolo raccomanda il rispetto per tutti, i diritti e i doveri nel matrimonio e in famiglia, e nel lavoro ben fatto. San Paolo conclude l'esortazione alla lotta spirituale: "Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della paceTenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anchel'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi, e anche per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del vangelo, del quale sono ambasciatore in catene, e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere. " Leggendo questa lettera di San Paolo, come del resto da tutte le altre si capisce che in tutte le ricche e popolose città dell'Impero si viveva a quei tempi proprio come si vive oggi. Non c'è nulla di nuovo sotto il sole: i problemi nelle società prospere e ricche sono sempre i soliti. Anche a quei tempi preoccupavano moltissimo la bassa natalità e la corruzione dei costumi. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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LETTERA A FILEMONE Inizia con queste parole:"Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timòteo al nostro caro collaboratore Filèmone, alla sorella Appia, ad Archippo nostro compagno d'armi e alla comunità che si raduna nella sua casa." Si tratta sostanzialmente una lettera di raccomandazione perché Filemone accolga di nuovo in casa uno schiavo convertito da San Paolo che era fuggito con lui. "Se dunque tu mi consideri come amico, accoglilo come me stesso. [18]E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto." Qui vorrei ancora rimarcare che il trattamento degli schiavi nel mondo romano non era di solito quello spietato che si vede rappresentato nei film 'peplum' americani. Sicuramente qualche padrone pazzo o sadico ci sarà stato, come del resto c'è sempre stato anche il Europa nell'era moderna, e come c'era sicuramente nelle piantagioni del Sud degli Stati Uniti e dovunque si importarono schiavi dall'Africa. A Roma gli schiavi avevano molto valore, dato dal fatto che svolgevano, quasi sempre senza compenso in denaro, gli stessi lavori delle persone libere. Anzi, gli schiavi più colti o intelligenti potevano arrivare ad avere un proprio patrimonio personale rilevante e possedere schiavi a loro volta.. A Roma tutto era regolato da un preciso 'corpus juris'. ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA SCHIAVITÙ NEL MONDO GRECO-ROMANO di Francesca Reduzzi (CLICCA) Differenze tra la schiavitù greca e romana Schiavi e padroni Vi erano schiavi che vivevano in condizioni migliori di altri, che dirigevano il lavoro di altri schiavi e, in Grecia, che potevano lavorare fuori della casa del padrone, versando a quest’ultimo parte dei loro guadagni (apophorà). In Grecia come a Roma lo schiavo poteva avere un peculio, che nel diritto romano è definito come un insieme di beni (vesti, denaro, altri schiavi, perfino fondi e diritti di credito) dei quali il dominus, pur conservandone la proprietà, dava la disponibilità al suo schiavo. Schiavi e peculio Schiavi e attività commerciali Schiavi privilegiati e famiglia servile Schiavi e diritto criminale Liberazione degli schiavi I liberti |
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LETTERA AI FILIPPESI Questa lunga lettera consta di 4 capitoli: nel primo San Paolo esprime un ringraziamento a Dio e l'assicurazione del suo costante ricordo e delle preghiere che egli dedica alla comunità di Filippi. Segue poi la precisa informazione sulla sua situazione personale e sul come egli intende dedicare della sua vita a Cristo continuando a lottare. Nel secondo capitolo egli sottolinea abilmente il dovere che un cristiano ha di operare con rettitudine di intenzione e non per orgoglio e vantaggio personale, ricordando l'esempio di Gesù Cristo, che spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini per salvarli dal male. Annunzia loro che dopo Epafrodito, che raccomanda caldamente di accogliere il meglio possibile, spera di poter presto inviare Timòteo, per essere confortato nel ricevere notizie, e poi annuncia anche che intende venire di persona a Filippi appena possibile. Nel terzo capitolo indica quale sia la via della santità personale raccomandando caldamente le norme di vita che aveva indirizzato anche alle altre comunità ed esortando a un comportamento da veri cristiani. È proprio il caso di dre: NIHIL SUB SOLE NOVI! Nel quarto capitolo dà gli ultimi consigli e le ultime esortazioni, e ringrazia per l'aiuto che gli hanno mandato. "Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione. Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli; e anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario......" |
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LA LETTERA AI GÀLATI La Galazia (dal latino: Galatia) era un'antica provincia dell'impero romano che comprendeva parte dei territori dell'attuale Turchia centrale. Nel 64 a.C. la Galazia divenne uno stato associato all'Impero Romano, mantenendo la suddivisione in tre tribù (ciascuna delle quali con a capo un tetrarca). Al tempo di Cesare, uno dei tre tetrarchi,Deiotaro, prese il sopravvento sugli altri due e venne riconosciuto dai Romani quale "re" della Galazia. Con la morte del re Aminta (25 a.C.), la Galazia fu definitivamente incorporata nell'impero da Augusto, tant'è che Pilamene, erede dell'ultimo re galata, ricostruì un tempio presso Ancyra dedicandolo ad Augusto in segno di lealtà all'impero. Nei secoli successivi, del resto, la Galazia si dimostrò una delle province più fedeli a Roma. Sotto Diocleziano fu divisa in Galatia prima e Galatia Salutaris. Le chiese della Galazia avevano prestato fede al messaggio di un gruppo di fariseo-cristiani che sosteneva che per essere salvi bisognava farsi circoncidere. E San Paolo reagisce: Nel secondo capitolo della lettera, egli parla della necessità di abbandonare l'usanza giudaiche della circoncisione e riconosce implicitamente l'autorità di Pietro come capo della Chiesa, ma Paolo non poteva che opporsi ad un comportamento che avallava in qualche modo la necessità della circoncisione e dell’osservanza delle norme della Legge come fatto necessario alla salvezza portata da Cristo.
Si deve notare come Paolo ha piena consapevolezza dell'autorità preminente di Pietro. Nel terzo capitolo, ma in modo meno pesante di quello che aveva usato per gli efesini, richiama alla morale e al comportamento che un cristiano deve tenere nei confronti del mondo, di sé stesso e della sua comunità. Per conseguenza nel quarto capitolo egli svolge opera di catechesi sulla fede e la legge, e sulla funzione della legge, che è il “sistema” per far conoscere il peccato, e la funzione della fede che stimola ad evitarlo e permette di passare dalla morte alla vita; e lo fa sviluppando argomentazioni dottrinali di straordnaria profondità e chiarezza logica. Con ciò egli afferma e dimostra la validità della vecchia alleanza con Dio che prosegue con la nuova Alleanza e la promessa della salvezza per i seguaci del Messia Gesú Cristo..La Legge è stata dunque un pedagogo, poiché ha dato consapevolezza del peccato, fino a Cristo. Con Cristo la Legge pedagogo cessa la sua funzione poiché nella fede in Cristo si ha la rigenerazione nello Spirito Santo. L'evento è avvenuto nel Battesimo nel quale i battezzati deposte le brutture del peccato si sono “rivestiti di Cristo”. La realtà nuova in Cristo fa sì che siano annullate le pretese etniche dei giudaizzanti di essere depositari di salvezza, poiché la salvezza è Cristo. Dunque “Non c'è Giudeo né Greco...perché tutti voi siete uni in Cristo”. Nel quinto capitolo esorta ancóra una volta i Galati a lasciarsi guidare dallo spirito: "se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge.Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come gia ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé contro queste cose non c'è legge". Epilogo"Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura." |
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LA LETTERA AI ROMANI La lettera è di straordinaria lunghezza e importanza (16 capitoli) e presenta la comunità di Roma. Nella lettera, forse scritta nella primavera del 58 a Corinto, la chiesa di Roma è considerata come ben formata e ben coordinata in Chiesa. celebrata, come dice Paolo (1,8; Cf. 16,19), “In tutto il mondo”, degna quindi dell'importanza di Roma, capitale del mondo, e anche per questo destinata ad essere anche capitale della cristianità. Quando Paolo venne condotto prigioniero a Roma, per la prima volta un gruppo di cristiani lo raggiunse a Foro Appio e alle Tre Taverne (At 28,15), segno che la comunità aveva capacità di informazioni. Si pone il problema di come si sia originata tale comunità. Il primo annuncio non poté essere portato a Roma che da quei Giudei di Roma, presenti a Gerusalemme nel giorno della Pentecoste (At 2,10) e che accolsero il messaggio di Pietro e il Battesimo da lui amministrato, diventando cristiani. L'evangelizzazione del mondo giudaico partì subito a Pentecoste, quella del mondo pagano qualche anno più tardi ad opera di Paolo. Autenticità della lettera e canonicità Luogo e tempo di composizione Scopo della lettera Paolo vuole che i cristiani nella loro opera di evangelizzazione vedano la presenza di segni positivi tra i pagani e li valorizzino. Paolo stesso si dichiara debitore dei Greci come dei barbari, dei sapienti come degli ignoranti. La lettera ai romani ci dice come la comunità di Roma fosse già ben formata e più coesa nella unità di vita delle altre. La base di 'virtus' e la serietà dei romani del primo secolo evidentemente forniscono le basi di virtù umane necessarie per testimoniare meglio l'adesione alla dottrina Cristiana. |
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LE DUE LETTERE AI TESSALONICESI
La città di Tessalonica (Θεσσαλονίκη) era la capitale della provincia romana di Macedonia e costituiva un vivacissimo centro commerciale. La sua popolazione era cosmopolita anche perché la città era costruita sulla Via Egnatia che congiungeva l'Oriente con Roma passando per Durazzo. Il numero dei suoi abitanti al tempo di Paolo contava circa 150.000 unità. San Paolo andò a Tessalonica dopo il Concilio di Gerusalemme, verso la fine del 50 d.C, durante il secondo viaggio missionario. Tessalonica sorgeva nella punta nord del bellissimo Golfo Termaico e venne in seguito chiamata Salonicco. Dall 1937 si ritornò a chiamarla Thessaloniki. La comunità fondata da Paolo doveva contare non più di alcune centinaia di persone, nel momento della fondazione.
Paolo restò a Tessalonica per tre o quattro mesi. I Giudei, vedendo che i pagani si aprivano al messaggio di Paolo, complottarono per ucciderlo insieme al suo compagno Sila. Durante la notte Paolo e Sila poterono fuggire da Tessalonica e andare a Berea, dove trovarono Timoteo. Ma i Giudei raggiunsero il gruppo missionario anche a Berea, per cui Paolo dovette raggiungere Atene, mentre Sila (alias, Silvano) e Timoteo rimasero a Berea, con il proposito di ricongiungersi con Paolo ad Atene. La comunità dei Tessalonicesi aveva avuto una prima catechesi per l'accesso ai sacramenti, ma non aveva ancora superato le difficoltà che si affacciavano nella loro mente di cristiani convertiti dal paganesimo. Paolo tentò per ben due volte di ritornare a Tessalonica, ma difficoltà improvvise glielo impedirono (At 17,5-9.13-15;18,1). Perseguitato dai Giudei di Tessalonica che lo inseguivano, dovette riparare ad Atene. Da Atene mandò a Tessalonica Timoteo (3,1-5), che poi raggiunse Paolo a Corinto, rassicurandolo sulla vitalità della comunità dei Tessalonicesi. C'erano tuttavia difficoltà nel credere alla risurrezione dei morti al momento del ritorno del Signore, e qualche propensione di alcuni verso le licenziosità pagane. Dopo le notizie riportate da Timoteo, Paolo inviò da Corinto una lettera ai Tessalonicesi, che è, in ordine di tempo, la prima scrittura del Nuovo Testamento. A distanza di due o tre mesi Paolo scrisse alla comunità di Tessalonica una seconda lettera. Il tono della lettera è molto dolce. Paolo non ha di fronte a sé delle situazioni gravi, ma delle persone che hanno bisogno di completare la loro formazione cristiana. Gli argomenti della prima lettera sono: La seconda lettera ai Tessalonicesi venne scritta da Paolo a Corinto (probabilmente primavera del 52), poco tempo dopo la prima lettera, come provano la rassomiglianza di stile e di terminologia e anche la complementarietà tra le due. La ragione della lettera sta nel turbamento subentrato nella comunità a causa di voci che davano per imminente il ritorno del Signore. La resistenza agli urti delle persecuzioni era salda, ma le voci sull'imminente fine del mondo stavano togliendo la speranza di un'espansione apostolica, poiché ormai tutto era alla fine. Ciò dava spazio anche a comportamenti di disaffezione per il lavoro, con il pretesto di preparasi al ritorno del Signore. Paolo, per consolidare la fede e la speranza dei Tessalonicesi, aveva dato indicazioni sul futuro, ma queste correvano il rischio di essere rimosse di fronte all'idea di un imminente ritorno del Signore. Come si ricava dalla lettera, Paolo aveva parlato di una futura apostasia nella futura civitas cristiana. Paolo non esita a riproporre ai Tessalonicesi l'orrore dell'apostasia, che essi non dovranno vivere, ma che tuttavia devono considerare per non adagiarsi nell’idea di una futura situazione rosea sulla terra, con conseguente perdita di forza dell'attesa del Signore e della militanza in Cristo. La lettera è meno espansiva della prima, ma ciò è perfettamente logico, perché la situazione nella comunità cristiana di Tessalonica era diventata preoccupante: false rivelazioni, false considerazioni sugli eventi, false lettere immesse nella comunità come scritte da Paolo. Anche qui è proprio il caso di dre: NIHIL SUB SOLE NOVI! |
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LE DUE LETTERE A TIMÒTEO Timoteo (colui che onora Dio) era nativo di Listra, in Licaonia, nell’Asia Minore. Suo padre era un pagano e la madre una giudea. La madre Eunice e la nonna Loide iniziarono Timoteo alle Scritture fin dall’infanzia (2Tm 3,15). La madre e la nonna dovettero convertirsi a Cristo durante le prime due presenze missionarie (47 ca) di Paolo a Listra (At 14,6.21; 2Tm 1,5). Paolo incontrò Timoteo già cristiano nel secondo viaggio missionario (49 ca), e poiché era assai stimato dai fratelli di Listra e di Iconio (At 16,2) lo associò a sé insieme a Sila. Paolo lo fece poi circoncidere (At 16,3) per dargli lo status giudaico, essendo il padre un greco, e ciò era conosciuto. Gli Atti degli Apostoli terminano con l'arrivo a Roma di Paolo prigioniero e il suo soggiorno in una casa presa in affitto (28,30), ma gli studiosi dalle tre lettere pastorali (1Timoteo; Tito; 2Timoteo) sono concordi nel dire che Paolo ritornò nell’area asiatica al termine di due anni di custodia cautelare (63 d.C.), visto che i suoi accusatori Giudei non si presentarono davanti al tribunale di Cesare (At 28,21). facendo scadere il termine della prescrizione. Con ciò era caduta la ragione d’essere del processo. La prima lettera venne scritta da Paolo a Timòteo (che Paolo sveva posto alla guida della chiesa di Efeso) da una località della Macedonia, probabilmente già da Mileto, poiché risulta che il viaggio di andata in Macedonia fu per via mare con partenza da Mileto e arrivo a Corinto dove Paolo lasciò Erasto (2Tim 4,20). La lettera a Timoteo (come quella a Tito) dovette essere molto repentina, dopo avere constatato la forte incidenza (Cf. At 20,29) della propaganda dei falsi dottori giudaizzanti. La Pontificia commissione biblica nel 12 giugno 1903 concluse che: “Dalle Pastorali risulta con certezza che l’Apostolo fu prigioniero a Roma due volte”. Il capo d’accusa era come il precedente formulato dai Giudei (At 24,2), con l’aggravante di essere recidivo e di avere inoltre disertato il tribunale di Cesare. La data della seconda lettera a Timoteo si colloca poco prima dell’incendio di Roma (18 luglio 64), che diede il via alla persecuzione di Nerone. Prima del 64 nella capitale dell’impero non c’erano particolari pericoli per i cristiani, ancora confusi con quelli di religione giudaica, che giâ dai tempi di Pompeo e poi di Cesare avevano ottenuto il riconoscimento di alcuni diritti particolari. Tuttavia c'è da ricordare che l'imperatore Claudio per un certo periodo aveva bandito i Giudei da Roma, in quanto provocavano continuamente disordini, violenze, e assassinî a causa delle loro dispute religiose. I contenuti della prima lettera, dopo l'abituale saluto, con la costante di affermarsi apostolo per volontà di Dio, e perciò non di uomini, riguardano aspetti e disposizioni dottrinali. La retta dottrina acquista valore in quanto chi non la segue non solo si pone al di fuori della Comunità ecclesiale, ma anche tende a creare una frattura nella comunità stessa. L'insidia dei falsi dottori che insegnano dottrine strane e raccontano favole e genealogie interminabili, non consone alla fede, fanno discorsi senza senso, pretendendo di essere dottori della Legge, mentre non capiscono né quello che dicono né ciò di cui sono tanto sicuri. Le dottrine diverse divulgate da “taluni” non sono precisate, ma rientrano nel quadro della sopravvivenza delle pratiche giudaiche, non più giudicate necessarie alla salvezza, poiché il Concilio di Gerusalemme aveva rigettato questo concetto, ma giudicate utili per la santità. Le favole sono quelle giudaiche (Tt 1,14) su personaggi dell’A.T. Accanto a questo c’era chi affermava il valore di una data posizione sulla base di lunghissime genealogie, che tanto più erano lunghe tanto più sembravano credibili. San Paolo affida a Timoteo il compito di combattere l'eresia e di ricondurre quei pretesi dottori della Legge a tendere alla carità. e alla fede in Cristo . Paolo afferma d'essere un esempio della misericordia di Dio. “Prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento”. Paolo Riconosce di essere stato un “persecutore” , “Perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede”. Un peccatore, ma non un corrotto, cioè uno che agisce con scelta di perversione contro la verità conosciuta. Paolo non aveva peccato contro lo Spirito Santo, quindi “Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna” Invito a combattere la buona battaglia. Disposizioni Insieme ai tanti precetti l’ordine perentorio riguardo alle donne,(la donna non domini sull’uomo perché il potere della donna sull’uomo è già di natura tanto) si estende all’insegnamento nelle assemblee e alla gestione dell’autorità ecclesiale; dà disposizioni riguardo al vescovo che sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Il vescovo sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo... etc etc. Le qualità che il vescovo deve avere non sono affatto di poco conto. Egli deve essere “irreprensibile”, cioè deve dare il buon esempio in tutto, essere sempre corretto con tutti e anzi precedere con il buon esempio tutti ponendosi al servizio di tutti. Deve essere “marito di una sola donna”, ritenuto come segno di temperanza e di fortezza, nonché di dedizione alla comunità. I primi cristiani erano in gran parte sposati, ma una volta cristiani in caso di vedovanza non era stimato segno di virtù passare a nuove nozze. Il pensiero di Paolo circa il matrimonio e la verginità è noto (1Cor 7,1): lo stato celibatario è da preferirsi per il presbitero. Paolo parla di sobrietà, di sincerità, di onestà nel guadagno e amministrazione dei beni e di tutte le altre virtù inclusa la fede, e lo fa in modo esplicito, senza peli sulla lingua. Specialmente raccomanda a tutti unità di vita, cioè essere cristiani non solo di di nome, ma con il loro comportamento o le loro virtú di essere stimati e costituire esempio per tutti per attrarre a Cristo. Paolo si spinge anche dire che le religioni non cristiane possono essere anch'esse delle vie di salvezza stabilite da Dio. La Religione vera è una sola, ma anche nelle altre si possono trovare e si trovano valori positivi. Poiché l’opera salvifica di Cristo è per tuuti gli uomini purché onesti e retti. “O Timoteo, custodisci ciò che ti è stato affidato; evita le chiacchiere vuote e perverse e le obiezioni della falsa scienza”. “Le chiacchiere vuote e perverse” sono quelle intese a gettare lacci con raggiri di parole, con insinuazioni di dubbio, nell’ipocrisia di far credere che siano pronunciate per cercare la verità. “Evita…le obiezioni della falsa scienza”. Timoteo deve certo conoscere gli errori degli gnostici per confutarli, ma è invitato a non voler addentrarsi nei loro discorsi di errore credendo di diventare un dotto confutatore, poiché finirebbe per trovarsi dentro un ginepraio costruito ad arte per disorientarlo. La confutazione migliore e decisiva è data sempre dalla vita in Cristo. Timoteo è così invitato ad agire sempre nell’intima unione allo Spirito di Verità che agisce in lui “La grazia sia con voi!”.è l’augurio finale. LA SECONDA LETTERA A TIMOTEO La seconda lettera a Timoteo Paolo la scrisse da Roma (1,17) a breve distanza dal tempo dall'arresto, con tutta probabilità prima del luglio del 64, quando Nerone, cogliendo i suggerimenti dei Giudei, e per discolparsi dall'accusa di averlo appiccato egli stesso, incolpò i cristiani dell'incendio che investì molti quartieri di Roma. La persecuzione di Nerone (che nel 68; morì suicidandosi) rimase circoscritta alla sola città di Roma, ma vi durò fino alla morte dell'imperatore; fuori di Roma si ebbero solo episodi sporadici. L'incendio di Roma fu di tali proporzioni che divorò anche la reggia di Nerone, causando problemi logistici, confusione. Difficile pensare che Nerone avesse in quel frangente il tempo per giudicare uno che si era appellato a lui per questioni strane. Poi nel 65 venne ordita una congiura per sopprimerlo, e anche qui aveva da pensare ad altro; tra i congiurati anche Seneca. Nel 66 ci fu un'altra congiura. Poi nel 66 o 67 Nerone fece un viaggio propagandistico in Grecia. La testimonianza cristiana Paolo la diede nel tribunale di Nerone nel 66/67/68, data del suo martirio: prima o dopo il viaggio dell'imperatore in Grecia. (Tertulliano, "Scorpiace, 15, 2-5"; Lattanzio, "De mortibus persecutorum, 2, 4-6"; Orosio, "Historiarum, VII, 7-10"; Sulpicio Severo, "Chronicorum, 3, 29"). La seconda lettera a Timoteo fa parte delle tre lettere indirizzate a capi di chiese locali, e trattano del loro ministero. In ordine di tempo vengono: prima lettera a Timoteo, lettera a Tito, seconda lettera a Timoteo. Le tre lettere hanno un'estrema rassomiglianza di stile, specie la prima Timoteo e la lettera a Tito; vennero scritte a brevi distanze di tempo tra loro. Esortazioni a Timoteo: il cuore dell'esortazione: "BONUM CERTAMEN CERTAVI, CURSUM CONSUMMAVI, FIDEM SERVAVI" Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero. Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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LETTERA A TITO
L'evangelizzazione nell'isola di Creta L'indole della lettera Dopo l'abituale Indirizzo e saluto Paolo come sempre afferma che la sua autorità di apostolo proviene da Dio e che essa è finalizzata a “portare alla fede quelli che Dio ha scelto”. Passa poi, come nella lettera a Timoteo a dar le sue istruzioni a Tito sul proselitismo e l'organizzazione delle comunità e sulla correzione delle devianze: Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Anche qui Paolo dà in dettaglio istruzioni sul comportamento e l'unità di vita del fedeli laici, dei diaconi, dei presbiteri, dei vescovi e delle donne Descrive inoltre come deve svolgersi .l’azione pastorale e quale il nucleo dell’insegnamento. OMNIA MUNDA MUNDIS. In piu del solito qui Paolo dichiara che l’impurità di certi cibi non ha più ragione di essere, essendo stata superata dall’avvento di Cristo. E’ quelli che sono corrotti nella fede che rendono tutto impuro perché usato nel vizio. Ci sono pure coloro che hanno corrotto il loro pensiero, ma anche hanno selciata la loro coscienza. Con loro Tito dovrà usare ogni fermezza. Come si vede, la situazione a Creta era molto complessa e necessitava di molta determinazione. Paolo ricorda a Tito le raccomandazioni per i fedeli: ricorda loro di essere sottomessi alle autorità che governano, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona; di non parlare male di nessuno, di evitare le liti, di essere mansueti, mostrando ogni mitezza verso tutti gli uomini. Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, corrotti, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell’invidia, odiosi e odiandoci a vicenda. Poi la lettera termina con i saluti e l’invito a trasmetterli a tutti quelli “che ci amano nella fede”, cioè sono veri credenti (Cf. Mt 10,40). |
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CONCLUSIONE Dalle 'lettere' emerge un mondo complesso, ma anche pratico ed essenziale, che non è sicuramente quello oppressivo violento e assetato di sangue rappresentato da certi storici o dipinto in tanti libri e in tanti filmati inenarrabilmente sciocchi. Quel mondo soprattutto non è cosí diverso da quello di oggi, cosí come non lo è il comportamento dei cristiani di allora appena usciti dal paganesimo - di molti di quelli che oggi sono o si dicono cristiani. Chissà mai cosa ci direbbe San Paolo sul nostro mondo, in confronto al mondo Romano nel primo secolo, o anche a quello che poi uscí dalla battaglia di Ponte Milvio a Saxa Rubra? Nella lettera ai Romani Paolo vuole innanzitutto premunire i cristiani contro le suggestioni del paganesimo, presentando la situazione di vizio del paganesimo, e che essa ha come radice la negazione dell'esistenza di Dio, alla quale si può accedere dalle realtà create. Al giorno d'oggi, in occidente come altrove, prevalgono il relativismo e l'ateismo pratico, che è una negazione implicita del destino soprannaturale dell'umanità. I mezzi tecnologici e le conoscenze scientifiche sono stati forieri di grandi progressi e hanno ridotto l'incidenza delle malattie e della mortalità infantile; lungo i secoli, particolarmente negli ultimi due la polpolazione del globo è arrivata a 7 miliardi di persone, ed è desinata a crescere ancóra. Quel mondo antico, pur pagano, non è quello che son soliti rappresentare i marxisti e i marxistoidi, che insegnando nelle scuole hanno pervertito per decenni le menti degli scolari presentando quel mondo in genere e il mondo romano in particolare, attraverso le lenti del becero pregiudizio e della crassa ignoranza; e quasi mai si ricorda che le basi del diritto dopo tanti secoli trascorsi sono ancora quelle di allora. C'è un calendario che con poche modifiche ancora oggi si usa, un modo di misurare il tempo e la suddivisione del dí e della notte in 12 ore, che usiamo ancora oggi. Per i Romani antichi la prima ora del giorno sono le sei di mattina, la terza sono le 9, la quarta mezzogiorno e cosí via fino alla dodicesima, perché il giorno finisce alle sei di sera. Ricordiamo che Gesù Cristo spirò all'ora nona, cioè alle tre del pomeriggio. Ogni giorno della settimana del calendario è quasi sempre rimasto col nome del dio romano al quale era dedicato. Quelli di diversa origine sono in grassetto. Giorni della settimana
Mesi dell'anno
L'industria nell'Impero è fiorente, perché i Romani usano le risorse locali ogni qualvolta sia possibile: oltre ai grandi cantieri navali, in tutto abbiamo la produzione in grande serie di ogni sorta di beni, dalla ceramica al vetro, dalle statue alle armi, e perfino del cibo conservato, come il famoso 'garum' la puzzolente salsa di pesce tanto apprezzata dai romani antichi, e anche gli allevamenti di bestiame. Non trascuriamo le scuole, tenute da 'magistri' privati alle quale si iscrivono i ragazzi che hanno il padre in grado di pagare le rette. L'analfabetismo a Roma è raro. Nell'esercito poi tutti devono saper almeno leggere e scrivere correttamente. Nel II secolo a. C., la fine vittoriosa della Guerra Punica e l'incontro con la cultura greca liberarono nelle popolazioni italiche, ormai unite sotto Roma e temperate dai durissimi sacrifici sopportati, una straordinaria esplosione di energie e di vitalità. L'intero bacino mediterraneo si aprí alla conquista, allo scambio dei beni e delle opere culturali. Sul mare si disegnarono cento e cento rotte di civiltà tra l'oriente e l'occidente; le navi subirono sostanziali miglioramenti costruttivi e con esse i recipienti e i metodi per il trasporto delle merci; le tecniche di navigazione erano ormai collaudate e perfezionate non soltanto dall'esperienza bellica di tante battaglie navali, ma anche dalla attività piratesca che dovette la sua fortuna proprio ai progressi che l'uomo mediterraneo andava facendo nella conoscenza dei venti, delle correnti, dei fondali, dei ridossi Il padre di San Paolo di Tarso, ripetiamolo, aveva un'industria tessile fiorentissima e apprezzata, che tra l'altro aveva l'appalto della fornitura delle tende per l'esercito romano. Per questo ebbe il riconoscimento della cittadinanza romana che trasmise al figlio Saulo. Senza voler minimamente lodare lo schiavismo, bisogna però dire che la 'virtus' romana impone che gli schiavi siano trattati bene. Del resto l'istituzione della schiavitù è continuata ed è finita in occidente nel XIX secolo, e perfino oggi c'è ancora in molte parti del mondo, specialmente in oriente. Non è affatto vero che a Roma le grandi opere fossero costruite da schiavi, anzi per la numerosità della popolazione - si valuta che la città di Roma arrivasse a 3 milioni di abitanti, contro i cento milioni di tutto l'impero - le opere nelle grandi città venivano costruite per impiegare i cittadini romani, che venivano pagati per il loro lavoro per poter mantenere sé e la famiglia. E cosí avveniva anche per il lavoro nelle campagne. Una legge di Giulio Cesare imponeva addirittura che almeno il 30% dei lavoratori dei campi fosse costituta da cittadini liberi. Alla fine del secondo secolo c'erano quasi 400mila chilometri di strade, che erano state costruite e venivano mantenute dai legionari e dai soldati quando in un territorio non c'erano guerre, perché i militari non dovevano mai infiacchirsi nell'ozio e perdere cosí la loro virtù e stoicità. Le strade non servivano solo al traffico civile, ma potevano poi permettere alle legioni gli interventi repressivi necessari a contrastare invasioni pirateria e brigantaggio. Nella Roma Antica fioriva ogni sorta d'artigianato e anche l'editoria. Ricordiamo che il poeta spagnolo Valerio Marziale faceva copiare e vendere le sue opere da un editore che aveva la bottega vicino al Campidoglio. La letteratura era fiorente come il teatro. È giunta fino a noi un'imponente mole di poemi, commedie, tragedie, romanzi e perfino libri di ricette di cucina, oltre alle opere dei filosofi e dei poeti greci..
L'esercito era poco numeroso, ma efficientissimo. Augusto aveva fissato il numero delle legioni a XXIII (circa 100.000 uomini in tutto) e più tardi si arrivò fino a circa 150.000 uomini. Malgrado tutti i problemi e i disastri, anche dopo la caduta, che iniziò con Costantino, e si completò dopo circa due secoli sotto la spinta delle popolazioni selvagge provenienti dall'est quando la capitale non fu più Roma, e dopo la parentesi longobarda, i vari grandi della storia tentarono di risuscitare l'Impero di occidente. Vedi Carlo Magno e il Sacro Impero Romano-Germanico. Comunque sia io sono orgoglioso di essere cittadino romano e ho l'onore d'avere l'Urbe per sede e per maestra d'alti pensieri storici e civili, (PaoloVI), e come me dal punto di vista storico sono cittadini romani i popoli che abitano la penisola, e anche quasi tutti gli Europei. Lino Bertuzzi Settembre 2014 |
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Per il commento completo a tutte le lettere si può accedere al sito http://www.perfettaletizia.it/ | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||