UNA TESTIMONIANZA NEL MESE DI MAGGIO
Testimonianza di vita e fede di un ingegnere metalmeccanico
 Premessa
- Enrico Medi - Mia moglie - Il trasferimento per lavoro --
La mia crisi personale - Un avvenimento inatteso

PREMESSA
Il mio nome è Lino, di cognome Bertuzzi. e vorrei testimoniare di fatti che mi sono realmente accaduti. Non vi parlo della mia famiglia, quella delle ultime generazioni dalla fine del secolo XIX fino a una buona parte del 900 perché ci sarebbe da riempire un romanzo. Non è quella di una famiglia stanziale, ma si tratta di di personaggi che hanno girato il mondo e servito il nostro paese in molti modi.  I genitori non hanno fatto mai mancare nulla di necessario a noi figli, anzi. Ma l’educazione di noi bambini è stata sobria e severa, forse esagerata negli stimoli alla competitività e nello stress a cui siamo stati sottoposti, ma senza cose superflue.  
Mi piacerebbe parlare  a lungo dei nonni paterni e materni, ma anche qui  ci sarebbe un romanzo da scrivere, quindi mi limito a dirvi che con loro stavo molto bene, ero veramente a mio agio. In particolare ricordo la nonna paterna, di nome Emilia, che era una santa donna, molto religiosa e pia che tra l’altro, finché le sue condizioni fisiche glielo hanno permesso, si è occupata anche di assistenza ai ciechi e ai disabili. Di lei ricordo la dolcezza e la gentilezza, e l’amore che dimostrava a tutti coloro che le stavano intorno, specialmente a me. È stata lei che mi ha insegnato le prime preghiere, l’Avemaria e il Padrenostro e il Gloria, e quando ero a casa loro me le faceva recitare tutte le sere prima di andare a dormire, e mi ha anche parlato della Santissima Vergine.  I ricordi che ho della nonna, morta relativamente giovane nel 1956 di una malattia incurabile, sono ancora vivi dopo più di mezzo secolo.
Anche della nonna materna, di nome Ines, ho i ricordi tra i più belli. Fin dall’età di nove anni all’età di 14, ogni estate la nonna portava me e mio fratello per due mesi in montagna in tanti posti stupendi.  Anche quando ero piccolo mi portava a forza a Messa nella chiesa di Sappada, di cui ho uno spiacevole ricordo di banchi stretti e assai scomodi. Più tardi mi sollecitava a confessarmi ogni settimana. Fino a una certa età ero imbarazzatissimo, perché non sapevo che peccati confessare, visto che nemmeno rubavo la marmellata. Al massimo avevo qualche moto di stizza con mio fratello che mi stava sempre appresso, e mi faceva fare una fatica boia per controllare i suoi estri e stranezze. Sia in casa dei nonni materni che paterni non mancava mai il Crocifisso, e quasi in ogni stanza c’era un quadro con la Vergine Maria con il bambino in braccio. Pur avendo frequentato la scuola media e il liceo classico dai padri gesuiti all’Istituto Massimiliano Massimo in piazza dei 500 a Roma, e l’ultimo anno al nuovo collegio dell’EUR, devo confessarvi che ero abbastanza freddo nei confronti della religione e della fede, anche se avevo conseguito con buoni voti il dovuto diplomino di Teologia, come era d’uso allora.
Chiudo questa parentesi che serve solo per illustrare perché dal punto di vista spirituale non ero sveglio, semplicemente la pressione che veniva esercitata su di me era enorme, e non ce la facevo fisicamente.
Comunque sia di tutte le lezioni di teologia che mi davano all’Istituto Massimo mi interessavano quelle tenute con entusiasmo dal Padre Alberto Parisi che ci parlava della Madre di Gesù.
Padre Alberto era un omone alto e robusto, poderoso e schietto. Le sue lezioni erano tanto chiare che, analizzando il significato di ognuna delle litanie lauretane classiche, mi trovai quasi ad innamorarmi della Vergine. Dico ‘quasi’ perché allora, verso la fine del liceo, oltre al resto i miei ormoni erano diventati molto, ma molto più attivi, distogliendomi da certi aspetti spirituali dell’amore, e poi nel tempo libero e durante le vacanze mi occupavo delle attività più varie, tra le quali il Judo, la pesca sportiva in apnea, lo sci e di altre cose ancora.

ENRICO MEDI

In seguito, dopo il liceo, quando ho iniziato il biennio di  Ingegneria all’Università la Sapienza a Roma gli impegni sono anche aumentati.  C’erano alti e bassi, e non dico che mi sono staccato dai sacramenti, anzi; di fronte al villino di via di Torre Gaia, civico 30, dove la mia famiglia abitava sin dal 1948 era venuta anni dopo ad abitare la famiglia di un professore di fisica, già deputato della DC, che era veramente un sant’uomo; tanto è vero che da tempo è iniziata la causa di beatificazione a cura della diocesi di Senigallia. Potete leggere qui un sommario della sua biografia http://www.enricomedi.it/biografia.html
Il Professore aveva sei figlie, tutte col nome che iniziava per Maria:  Maria Emanuela, Maria Stella, Maria Grazia, Maria Pia, Maria Chiara , e la maggiore  Maria Beatrice, che poi sposò l’avvocato Iacovoni.
Naturalmente frequentavo la famiglia e spesso giocavo al calcio con il Professore nel pratone dietro casa sua.  La signora Enrica, moglie del professore, e mia madre Maria Giuseppina si interessavano di beneficienza come ‘dame di San Vincenzo’ e durante il biennio di ingegneria io ho studiato per gli esami annuali di  Fisica I e Fisica II insieme a Maria Pia, una ragazza intelligentissima, che poi si è laureata in fisica.  
Il professor Medi aveva in casa una piccola cappellina, dove era stato autorizzato a custodire Gesù sacramentato. Tutte le Domeniche veniva a celebrarvi la Messa Padre Liozzu, un simpatico gesuita siciliano amico di famiglia. E mia madre insisteva sempre che ci andassi, probabilmente perché lei e la signora Enrica speravano che in futuro mi accasassi con una delle ragazze più giovani. Quando andavo a casa Medi, passando davanti alla porta della cappellina lo vedevo immobile, assorto, che guardava il Tabernacolo in silenzio. E mi sono accorto che rimaneva a pregare talvolta anche per un’ora e più.  Nessuno mi aveva mai parlato, o quanto meno non ricordavo che nessuno mi avesse mai parlato della necessità spirituale di dedicarsi a una meditazione personale. Era roba per i Santi,  non per i ragazzi come me.   Sebbene avessi molta ammirazione per il Professore e la sua fede, e apprezzandolo da ogni punto di vista, mi sentivo spiritualmente freddo. Ma più tardi il suo ricordo mi è tornato utile  per consolidare la mia fede..

LA MIA FUTURA MOGLIE

Non avevo una gran fede, anzi a un certo punto ho smesso di andare a Messa regolarmente, anche se la mamma mi premeva sempre perché ci andassi, e ho perso la strada per qualche anno. Precisando che all’epoca i costumi e i rapporti con l’altro sesso non erano affatto liberi,  perlomeno così si usava a casa mia,  dopo varie vicissitudini amorose che non finirono bene a causa della mia indubbia stupidità e rozzezza di sentimenti,  ho  incontrato colei che sarebbe poi divenuta mia moglie per caso, a una festa di capodanno del 1965, a casa di un amico conosciuto all’Università.  Guarda caso si chiamava Maria Annunziata.
Per molto tempo ho pensato che fosse stata la nonna Emilia ad avermela fatta incontrare, perché la mia futura moglie aveva un fede religiosa radicata e robusta.  Da allora, insieme a lei, ricominciai a frequentare assiduamente la Chiesa, e mi confessavo regolarmente da un certo Padre Jesus Berdonces, alla cappellina degli Agostiniani Recolletti, all’EUR,  vicina a casa di Maria Annunziata, in viale dell’Astronomia 12.
Per farla breve ho fatto il servizio militare e  terminato gli studi di ingegneria che prima di conoscere Maria Annunziata erano andati un po’ a rilento. Ci siamo sposati nella chiesa di Santa Costanza a Roma, il giorno 28 del mese di Aprile del 1969.  

Dato che non mi piaceva vestirmi da pinguino, e tra l’altro non avevo il denaro per farmi il Tight, mi sono sposato in divisa di Ufficiale dell’aeronautica militare con fascia azzurro savoia e sciabola da cerimonia.. Subito dopo il matrimonio siamo andati a Trinità dei Monti, al collegio del Sacro Cuore, che  mia moglie aveva frequentato dalle scuole elementari al liceo classico. Naturalmente, dopo la cerimonia siamo andati a salutare e ringraziare  Mater Admirabilis nella cappella del collegio e a lasciarLe il mazzolino di fiori.

IL TRASFERIMENTO A TARANTO PER LAVORO

Sarebbe lungo raccontare la gioia del viaggio di nozze, e tutto il resto, e il primo anno di vita insieme. Nel 1969 abbiamo assistito in TV al primo sbarco sulla luna, e ai commenti del professor Medi durante il talk show che si svolse prima e durante l’evento. Vi partecipava anche la mia amica Maria Pia, che era laureata in fisica, e era andata in TV con il padre.   Allora per me  fu facile trovare lavoro e anche dal punto di vista spirituale i primi anni passarono abbastanza bene. Continuavo nella pratica cristiana, ed ero felice malgrado le difficoltà.  Poi ci fu la crisi economica degli anni ’70, lo stipendio cominciò a salire, ma i prezzi salirono ancora di più. Il gasolio da riscaldamento che costava , mi par di ricordare, intorno a 18 lire al litro, si moltiplicò per dieci.
Dopo la nascita del secondo figlio - malgrado i medici avessero sconsigliato un’altra gravidanza per via della salute di mia moglie -  Maria Annunziata si ammalò e dovetti portarla da sua madre che la tenne in un villino a Rocca di Papa dove fu curata e si ristabilì. Io rimasi solo per qualche mese.
Che c’entra questo con la tua fede?” – mi direte. 
Purtroppo  la crisi  influì molto sul mio stato psicologico. La situazione economica critica e lo stipendio aumentato di molto ma in realtà sceso al limite della sufficienza,  aveva cambiato il clima di armonia e felicità della famiglia.  Mia moglie era preoccupata e, come diceva lei, “ faceva i salti mortali” per far quadrare il bilancio familiare. Il mio lavoro ne risentiva, perché la crisi economica aveva fatto si che venissero soppressi premi e riconoscimenti  di merito.
La situazione critica di mercato e la mia posizione da impiegato di alto livello e poi dal 1980 da dirigente, mi obbligava a ritmi di lavoro spaventosi, intorno alle 12 – 14 ore al giorno, e molto spesso a recarmi in stabilimento anche nei giorni festivi e nelle ore notturne.  Rimanevo a Taranto anche nel mese di Agosto, quando gli impianti si fermavano per le manutenzioni annuali, il sole spaccava le pietre e la temperatura toccava spesso oltre i 40 ºC.
Tutto avveniva a spese della vita di famiglia e della vita spirituale, abbrutite da un simile regime. In più sono anche stato ‘corteggiato’ da alcuni appartenenti alla massoneria, che volevano farmi entrare nella loro organizzazione. Ma tenevo ancora un Vangelo nel cassetto della scrivania, e rifiutai ogni ‘avance’.
Mia moglie si consolava facendo la capo-catechista della nostra parrocchia, e per qualche tempo faceva anche catechismo in casa con i bimbi degli abitanti della zona residenziale che riempivano il saloncino di casa, per fortuna abbastanza grande.  Continuavamo tutti ad andare a Messa la Domenica, ma io dormivo seminascosto dietro una colonna, e poi mi confessavo e mi comunicavo di rado, per non dire quasi mai.
Non credere che non mi accorgo che dormi durante la Messa” – esclamava Padre Franco, un simpatico personaggio appartenente alla comunità di Somaschi che reggevano la nostra parrocchia.
La crisi dell’acciaio si faceva sempre più pesante, e la mancanza di capitali dovuta alla politica di spesa dei profitti degli anni precedenti, il personale assunto in soprannumero gonfiando gli organici, e l’ottuso strapotere dei sindacati, fecero diventare la situazione insostenibile. Non parliamo poi  del fatto che la politica mise alla testa dell’azienda persone ancorché qualificate politicamente, ma inadeguate al compito. Ciò che è accaduto dopo lo ha dimostrato senz'ombra di dubbio.

LA MIA CRISI PERSONALE

Allora ero molto stressato dai problemi della famiglia e specialmente dal ritmo disumano di lavoro al quale io stesso mi obbligavo, e per quelle che credevo le avvisaglie di un possibile licenziamento. In seguito venni a sapere che le mie preoccupazioni erano del tutto prive di fondamento, ma allora ero molto preoccupato; la mia personale situazione divenne intollerabile.
Ero sempre in stato di sovreccitazione, e la notte mentre cercavo di dormire ero spesso assalito da incubi a dir poco molesti. Gli incubi erano talmente reali che al risveglio rimaneva in me l’inquietante sensazione di averli veramente vissuti. Razionalmente ritenevo la cosa impossibile e quindi al risveglio la ignoravo. Ma allora, per via del modo convulso che in quei tempi avevo di affrontare il lavoro e anche le realtà della vita,  da qualche anno la necessità di pregare era assente dai miei orizzonti. A causa delle mie nevrosi e allucinazioni ero immerso in una specie di limbo spirituale. Mi ero persino dimenticato di colei che avevo sempre ammirato e amato, la Madre del Signore.

La guarigione

Una notte che non riuscivo proprio ad addormentarmi, e mi sentivo la testa come imprigionata in un cerchio di ferro che mi stringeva,  sono stato assalito da un senso di angoscia e di oppressione indicibili. Non so come, allora dentro di me disperatamente proruppe una invocazione accorata alla Madonna:
Madre mia Immacolata” – urlai silenziosamente dal di dentro – “ io ti ho sempre voluto bene anche se non te l’ho sempre dimostrato! Ti prego Madre mia, se veramente esisti e se sei la Madre di Gesù, AIUTAMI!
Ho ripetuto ancora questa invocazione intensamente, accoratamente, disperatamente, due, tre, quattro volte.  Improvvisamente ho sentito come se qualcosa si rompesse dentro di me, con un sonoro ‘crack!’, e ho ricevuto un urto, come un colpo sul cranio. I nervi tesi all’inverosimile  si sono allentati,  e il corpo inarcato dalla tensione si è improvvisamente rilassato, adagiandosi sul letto.
Un meraviglioso senso di pace e di calma, tanto bello che non so descrivere, mi è disceso improvvisamente dentro la mente, direi nell’anima, insieme a un enorme stupore. Non avrei mai neppure immaginato di poter sperimentare sensazioni tanto incredibilmente stupende.  “Grazie Madre mia, ora so che per me tu ci sei. Mio Amore, ti ringrazio ” – ho detto dentro di me. E subito sono caduto in un sonno profondo pieno di pace.  
Ero guarito, ogni malessere era passato senza bisogno di farmaci o altro, e da quel giorno, anche se il mio carico di lavoro non diminuiva, anzi se possibile, aumentava e si complicava ancor di più,  mi sono sentito del tutto rasserenato, libero da ogni pena e angoscia.
Tuttavia allora, anche dopo questa esperienza straordinaria, la mia vita in pratica non cambiò sùbito, neanche dal punto di vista spirituale. Negli ultimi anni non ero stato più  capace di pregare con il cuore; sentivo che presto  qualcosa sarebbe cambiato, ma non sapevo quando, e neppure   dove, né perché, né come sarebbe potuto accadere.


UN AVVENIMENTO INATTESO

Probabilmente però, se avessi continuato su quel binario di lavoro sfrenato, avrei avuto una ricaduta. Ma accadde qualcosa, che la mia Mamma Celeste aveva preparato apposta per me, perché non mi perdessi per strada un’altra volta.
Si era poco dopo la metà degli anni ’80 del secolo scorso, quando un collega, allora direttore del Centro Elaborazione Dati dell’Azienda, mi propose di partecipare a un ’ritiro’ spirituale. Per curiosità, e perché quella persona che avevo conosciuto quando coordinavo la progettazione generale del Sistema Informativo di Manutenzione (SIMAN) , era uomo calmo e affidabile e mi ispirava fiducia, mi sono recato all’ora stabilita in una chiesa della città dove era stato fissato l’appuntamento per il ritiro.
Ho conosciuto l’Opus Dei, e cominciato a frequentare i mezzi di formazione, e dal quel momento è ricominciato in me il desiderio di pregare. Ho di nuovo cominciato a pregare come mi aveva insegnato la nonna Emilia, decenni prima, ma non avevo ben chiaro di che si trattasse. Sentivo parlare di qualcosa che chiamavano ‘piano di vita’ e non capivo, perché il predicatore non entrava nei dettagli; poi della ‘santificazione del lavoro ’, della necessità di mantenere la ‘presenza di Dio’, e dell’unità di vita.
Non avevo ancora capito granché; chi mi conosce sa che sono un po’ testone, e per assimilare un concetto mi serve più tempo che ad altri.   Per farla breve, prima il mio amico direttore mi chiese di diventare ‘cooperatore’ per sostenere le attività del Centro con il mio contributo personale. Ho accettato, e dal quel momento cominciò la formazione spirituale che mi avrebbe condotto ad entrare nell’Opera di Dio. Quando mi sono sentito pronto ho chiesto l’ammissione e ho partecipato a decine e decine di attività di formazione,  ma sento che devo sempre imparare qualcosa ogni volta. ‘Repetita iuvant’ – dicevano i latini – ‘ ripetere fa bene’. La formazione che ricevo dall’Opera, è uno dei doni di Dio, ottenuto per intercessione della Vergine Maria. Con essa e l’aiuto di Dio  ho affrontato le prove più dolorose e gli impegni più duri,  facendo sempre il possibile per fare della mia casa un focolare luminoso e allegro. Ho anche cercato e cerco di aiutare come posso quelli che ne hanno bisogno, con quelle opere di misericordia che riesco a fare senza pregiudizio per la mia famiglia. Mi rendo comunque che i miei difetti sono tanti, e talvolta come tutti noi posso sbandare, e rischio di perdere di vista il fine ultimo. Per questo devo sforzarmi per continuare la mia formazione personale e tener duro fino alla fine della mia vita, specialmente stando molto vicino alla Vergine e pregando il santo Rosario.
Ho tanta speranza che l’amore di mia Madre Maria Santissima verrà a sostenermi nel passaggio finale. Come ha fatto la notte in cui mi ha salvato.