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Premessa.
KAORU SAITO
Nella mia capanna non c’è nulla
però c’è tutto: la primavera!
Sodò (1641-1716)
29 Novembre 1955
I miei genitori si sono conosciuti in Giappone durante la seconda guerra mondiale. Mia madre era una ragazza giovane che non era mai uscita dal paese e mio padre uno di quelle migliaia di soldati americani venuti durante l’occupazione. Di lui non ho alcun ricordo perché è morto poco dopo nella guerra di Corea.
Di me si è presa cura una persona alla quale mia madre mi aveva affidato fino al 29 di novembre del 1955. Ricordo bene quella data perché quel giorno la mamma mi ha lasciato in un orfanotrofio gestito da suore, e non l’ho più vista. Avevo sei anni,
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SUOR ARAIKAWA |
Una di quelle suore, suor Araikawa, una giapponese, si occupava soprattutto di me, e ci insegnava il catechismo, che ho iniziato a studiare con insolito interesse. Ricordo quel giorno quando la maestra ci ha chiesto se sapevamo che cos’era il 25 dicembre.
Ho alzato il braccio e ho detto che era il giorno della nascita di Gesù, con grande sorpresa di tutto il resto delle bambine che, anche se erano cattoliche, non dicevano niente .. .
Mi rallegrai molto perché sorella Araikawa mi disse che mi avrebbe fatto un regalo, per premiare la mia applicazione allo studio; ma sono passati giorni, mesi e anni ... e lo sto ancora aspettando.
Povera sorella Araikawa! E 'morta qualche tempo fa. Per me è stata come una madre. Era una buonissima persona e mi ha trattato con grande affetto. Quando avevo otto anni le dissi che volevo essere battezzata; ma lei mi ha fatto aspettare.
Pazienza, Kaoru – mi ha risposto, con quella sua voce chiara e dolce – prima devi sforzarti di controllare il tuo carattere.
Infine nel 1961, quando ero in prima media, mi permise di andare dal parroco, e feci l’esame.
Al termine, il parroco mi domandò, sorridendo:
- Kaoru, quando vuoi essere battezzata?
- oggi stesso!
Era la festa dell'Ascensione del Signore.
- Ebbene, oggi stesso, oggi ... non si può – e sorrise - ma a Natale saranno battezzati sette bambini. Vuoi essere battezzata insieme a loro?
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L'ATTESA |
.A Natale? Aspettare tanti mesi mi pareva un’eternità. Inoltre mi consideravo oramai grande: avevo dodici anni!
Ma non c'era altra scelta. Passarono giugno e luglio, il mese in cui fiori di loto fioriscono negli stagni; e poi, agosto, settembre, ottobre, con i crisantemi ... e un interminabile autunno .... Sembrava che Natale non sarebbe mai arrivato. Infine, Lunedi, 25 dicembre sono stata battezzata, entusiasta, nella chiesa di Tetori a Kumamoto.
Poco dopo, nel pieno dell’adolescenza, ho cominciato a chiedermi dove Dio mi chiamava a servirlo; e Gli ho chiesto:
"Signore, dammi la luce, illuminami' ... E mano a mano che il tempo passava cresceva la certezza interiore che presto me lo avrebbe fatto vedere.
Dopo il liceo mi hanno chiesto se volevo continuare a studiare. Io ho detto di no, perché volevo cominciare a lavorare il prima possibile.
Questo spiega la mia reazione quando vennero al collegio due donne occidentali, invitate dalle suore, e mi chiesero se volevo lavorare in una Residenza.
- Quando? - Ho domandato.
- Tu quando sei disposta?-
- Io? – dissi con aria decisa – Anche domani!
- Ci sono prima alcune cose da preparare – disse sorridendo una delle due - Dovrai aspettare un po'...
E ancora una volta ho dovuto aspettare. Ho continuato a studiare, finché il 26 di Novembre, in prossimità del Natale, sono arrivata a quella residenza, che aveva anche un oratorio.
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IL LAVORO E LA VOCAZIONE |
Non avevo guardato bene e ero incerta se quel luogo fosse cattolico o protestante. Rimuginando la questione durante la notte, ho deciso che, se non era cattolico, il giorno dopo me ne sarei andata. Ma la mattina ho visto un sacerdote celebrare la Messa e sono rimasta ...
Quello è stato il mezzo del quale il Signore si è servito per farmi conoscere l'Opus Dei.
Dapprima la residenza è stata per me un luogo di lavoro come qualsiasi altro. Ma, mentre i mesi passavano ho visto da vicino come vivevano le donne dell’Opera, e poco tempo dopo sono stata certa di aver trovato la strada che Dio mi chiamava a percorrere. Era quel che Gli avevo sempre chiesto nel corso degli ultimi anni.
Dato che quando ho chiara qualche cosa, io sono una che decide rapidamente perché mi piace vivere nella realtà e non nei sogni - dice il proverbio che le palline di riso verniciate non sono buone da mangiare - ho chiesto al parroco, don ]osé Antonio Armisén , che cosa ci voleva per poter entrare nell'Opus Dei.
- In primo luogo, la vocazione - ha detto.
- Ah, molto bene! La vocazione ce l’ho - ho risposto io.
Ho continuato a insistere, impaziente, ma mi rispondevano sempre allo stesso modo: che ci pregassi sopra alla presenza del Signore e che ci pensassi molto bene, perché sarebbe stata una decisione per la vita.
Infine, dopo diversi mesi, e dopo aver insistito molto, mi permisero di chiedere l'ammissione.
Sono stata la prima numeraria ausiliaria dell'Opus Dei in Giappone (1 )
Col passare degli anni sono andata maturando nella mia vocazione, e ho capito bene la mia grande responsabilità per il futuro.
Il mio lavoro era quello di una madre nella sua casa, di prendersi cura dei suoi e far loro sentire il calore e l'atmosfera di una famiglia.
Stavamo cominciando, e di quello che avremmo fatto allora sarebbe dipeso che l’Opera attecchisse bene nel nostro paese, e che molti uomini e donne n futuro venissero a Dio attraverso l'Opus Dei.
Sapevo che questo approccio è il frutto della grazia e non di sforzo umano, ma non ho dimenticato che è il Signore a voler servirsi di noi.
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- le caratteristiche proprie delle ausiliarie sono le stesse degli altri Numerari e Numerarie (il celibato, con una disponibilità di speciale per le opere apostoliche, ecc), con la particolarità che la loro vocazione professionale si concentra sulla cura e la gestione delle case e degli apostolati dell'Opus dei, un compito nel quale, d'altra parte, lavorano anche altri Numerari e Numerarie.
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PREGARE PER UN'INTENZIONE
Anche se era passato molto tempo da quel 29 novembre del 1955, non avevo dimenticato mia madre. Viveva ancora? E se si, dove si trovava? Che aspetto aveva? – mi chiedevo. Non avevo avuto sue notizie da quando mi aveva lasciato all’orfanotrofio.
Ero solita parlar poco di queste cose, finché un giorno don ]osé Ramon Madurga mi raccontò che il nostro Fondatore diceva che gran parte della nostra vocazione all'Opus Dei la dobbiamo ai nostri genitori, e mi ha chiesto se ho pregato per loro; soprattutto per mia madre. Da quel momento ho cominciato a pregare per i miei genitori, ma non sapevo nemmeno se in quel momento mia madre era viva o no.
Nel 1974 ero a Roma e ho incontrato il Padre (Josemaria Escriva').. Mi ha fatto il segno della croce sulla fronte e mi ha dato una piccola croce di legno come faceva di solito con le prime persone dell'Opus Dei nei paesi in cui si comincia l’Opera.
Poi mi disse delle parole che si sono impresse nel mio cuore e delle quali ringrazio Dio con tutta l’anima.. Un anno dopo, il 26 giugno, il padre è morto, e io raddoppiai le richieste di intercessione per mia madre.
Padre – pregavo - interceda davanti al Signore che, se mia madre vive, prima di morire, sia battezzata..
So che c'è non sempre sotto la salsa c’è il pesce (1), ma questo era simile a quello che è successo a me quando chiedevo la luce di sapere qual era la mia vocazione. Avevo l’intima certezza che il Padre avrebbe interceduto per me davanti a Dio e che prima o poi una risposta ci sarebbe stata.
Pochi mesi dopo, nel marzo 1976, una mia zia mi telefonò per dirmi che le avevano appena riferito che mia madre era morta in un ospedale cattolico, dove aveva lavorato negli ultimi anni. Non riuscivo a trattenere le lacrime quando ha detto:
- ... Mi hanno riferito che in quell’ospedale c’erano molti cattolici, e che tua madre li stava avvicinando; e non ci crederai, ma alla fine ... è diventata cattolica, come te!
Certo che ci credevo!
- Sai quando è stata battezzata? - Ie ho chiesto.
- Si; mi hanno detto che è stato pochi mesi fa nel luglio dello scorso anno.
Luglio 1975, un mese dopo che il Padre Josemaria era andato in Cielo. Questo mi riempì di una gioia indicibile nel vedere che - anche se non lo sappiamo - e tante volte ci faccia aspettare, Dio sempre ci ascolta, sempre, sempre
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- caratteristico proverbio giapponese
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TRADUZIONE di Lino Bertuzzi da scansione del volume
Brano dal libro: ISBN: 978-84-321-4254-3
Deposito legai: M-3185-2013
Impreso en Grafìcas Rogar, S.A., Navalcarnero (Madrid)
© 2013 FUNDACION STUDIUM
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