COINCIDENZE
Testimonianza di vita e storia della conversione di Cecilia Awano Kimi,  coreana
Premessa
- Essere cristiani in Corea - Frutti di Amicizia e confidenza-- Un incontro decisivo

CECILIA AWANO KIM

«Le parole non hanno le ali,
ma possono volare per mille chilometri».
Proverbio coreano

Sono coreana e vivo a Kyoto da quando mi sono sposata. Ho tre figli: la maggiore si chiama Hikaru (luce, in giapponese), ha quattro anni. Il suo nome di battesimo è Anna Maria. Poi ho avuto un maschietto, Kaoru, ( profumo). Ora ha due anni e lo abbiamo  fatto con battezzare  il nome di  Josemaría. E cinque mesi fa è nata Maria Teresa, una bella bambina , Michiru,  il cui nome giapponese significa ‘abbondanza’..
Questi nomi non sono scelti a caso.  Essi sono fortemente intrecciati due per la mia vita, che è stata, a quanto pare, una serie di coincidenze. Coincidenze?
Sono nata a Pusan, nel sud-est della Corea, un paese in cui noi cristiani siamo relativamente pochi: meno di 14 milioni su una popolazione di cinquanta. Di questi 14 milioni, quasi due terzi appartengono a confessioni diverse, e l'altro terzo è di cattolici. Si tratta di una Chiesa viva, con numerose conversioni. La mia famiglia è cristiana da due generazioni: ovverosia, da quando la Chiesa ha vissuto il suo primo periodo di pace, perché il cattolicesimo in Corea è ancora giovane.


ESSERE CRISTIANI  IN COREA

Nel 1780 diversi giovani intellettuali, coreani figli di nobili e di alti funzionari del paese che si interessavano alla cultura del mondo occidentale, scoprirono il cattolicesimo.
In un primo momento si trattava solo di curiosità, ma l'interesse divenne presto fede profonda e nel 1784, quando si resero conto dell'importanza del battesimo, hanno deciso che uno di loro, Yi Seung-hun, che doveva accompagnare il padre in una missione diplomatica in Cina, entrasse in contatto con un missionario cattolico a Pechino e si facesse battezzare.
Yi rimase solo 40 giorni a Pechino, ma in quel breve periodo di tempo, dopo aver dimostrato ampia conoscenza nella fede, riuscì a ottenere il Battesimo con il nome di Pietro.
Al ritorno in Corea egli battezzò il suo amico Yi-Byock, che  a sua volta  battezzò altri suoi amici. E così è nata la Chiesa nel mio paese. Si tratta di un caso unico nella storia, perché l’evangelizzazione fu compiuta da laici nati nella nostra terra, senza alcun sacerdote.
Uno dei primi cristiani coreani, Kim Bom-U, donò la sua casa perché fosse trasformata in  in un tempio cattolico.
Ma subito dopo, quando la chiesa cominciava a crescere, il governo ha cercato di distruggerla. I coreani – dicevano – potevano professare solo la religione di Stato, il confucianesimo.  Nel 1789 Kim Bom-U fu torturato e bandito dal paese, e tre anni dopo, nel 1791, morirono i primi due martiri coreani.
Nel frattempo, si moltiplicava il numero dei battezzati. Nel 1801, quando salì al trono Chong-ho, la figlia dell'imperatore, ci fu una persecuzione particolarmente crudele che indusse molti a rifugiarsi sulle montagne, dove per trenta anni perseverarono nella fede, senza sacerdoti, come è accaduto qui in Giappone per diversi secoli. Ci furono un centinaio di anni di persecuzione, con più di diecimila martiri.
Alla fine del XIX secolo, nel 1886 si arrivò alla pace e alla libertà religiosa. Durante questo periodo furono battezzati i miei nonni materni, e con loro, tutta la famiglia. Ma si trattò di una pace effimera perché qualche anno dopo, nel 1910, il Giappone invase la Corea e il governo sottopose nuovamente la Chiesa a un regime di sorveglianza. Solo dopo l'indipendenza nel 1945, alla fine della guerra, i cristiani hanno potuto  praticare liberamente la loro fede.


FRUTTI DELL'AMICIZIA E DELLA CONFIDENZA

Questo è il motivo dell’ignoranza nella fede di molti Cattolici coreani,  che per decenni sono stati costretti a vivere in una situazione di clandestinità e di persecuzioni senza che ci fosse nessuno a istruirli. In quanto a me, sono stato battezzata alla nascita, ma durante la mia infanzia e l'adolescenza, non mi hanno spiegato nulla, non mi portavano nemmeno in chiesa, e non ho ricevuto alcun tipo di catechesi.
Fin da bambina il mio sogno era quello di imparare bene diverse lingue, e tra le altre ho imparato, anche il  giapponese e l’inglese. A 21 anni mi sono recata in Inghilterra per praticare e perfezionare l'inglese.
Mentre ero a Londra, andai all’aeroporto per salutare una mia amica giapponese che tornava in Giappone; per caso in sala d'attesa ho incontrato una ragazza spagnola, Carmen, che stava salutando una amica coreana che tornava al mio paese.
Abbiamo cominciato a chiacchierare, perché ci divertiva quella mescolanza di nazionalità  e di addii, e in a un certo punto per scherzo ho detto a Carmen: 'Non ti preoccupare perché se ne va lei. Da oggi sarò io la tua nuova amica coreana!”
È stata solo un a battuta, però in realtà ci siamo scambiate i nostri numeri di telefono e abbiamo cominciato ad essere amiche.
Carmen stava andavando a Lakefield, un centro dell'Opus Dei di Hampstead. Mi ha invitato a conoscerlo e poco dopo ho iniziato a frequentare alcune lezioni sulla vita cristiana. Mi parlarono di Dio, della fede della nella vita dei sacramenti, e della santificazione del lavoro. Se avessi dovuto dare un nome a quel periodo, sarebbe stato Hikaru, come quello della mia figlia maggiore, cioè ‘luce’: perché grazie all’Opera  si sono riempiti di luce molti aspetti della mia vita che prima erano in ombra.
A Lakefleld ho capito con quanto affetto Dio mi aveva curato da quando sono nata; e ho constatato che, nonostante la mia ignoranza mi aveva indirizzato verso il bene senza che nemmeno me ne accorgessi.
Alla fine del mio studio del catechismo, ho fatto la prima Comunione e la Cresima, e nell'aprile del 1997, tre mesi prima della laurea, il Signore mi ha regalato uno dei più grandi doni della mia vita: la vocazione all'Opus Dei, con la voglia di formare una famiglia nel futuro. Dopo aver finito gli studi a Londra sono venuta in Giappone per perfezionarmi nella lingua giapponese, e dopo qualche anno sono rientrata a Seoul, dove ho iniziato a studiare il castigliano, perché, come ho detto le lingue mi appassionano...

UN INCONTRO DECISIVO PER IL MIO FUTURO

Dopo una breve esperienza in Alicante, sono tornata di nuovo a Londra. E mentre ero là, un giorno d'estate del 2003, mi sono come al solito diretta verso la stazione Barbican della metropolitana per tornare a casa.
 All'ingresso, accanto alla mappa della metro, c'era un ragazzo giapponese che stava cercando una grande libreria vicina a una stazione della metro  al centro della città, e non riusciva a trovarla. Io gliel’ho indicata e lui dopo avermi ringraziato e salutato, mi ha chiesto se potevo accompagnarlo in libreria, perché a Londra non conosceva nessuno e non conosceva bene l’inglese.
Di solito non accetto inviti di questo genere dagli sconosciuti, ma il suo comportamento, molto educato e corretto mi ha dato fiducia, e ho accettato.
Si chiamava Tatsuya ed era molto simpatico. Mi ha detto che aveva studiato presso l'Università di Kyoto e viveva in Svezia, dove stava preparando il suo dottorato in biologia. Arrivati ​​alla libreria e comprato il libro e cominciammo a salutarci.
- “Perché non mi lasci il tuo indirizzo e-mail?” Mi ha chiesto alla fine.
Prima di rispondere ho esitato, poi ho pensato che un semplice indirizzo email  non era per nulla impegnativo, e ho acconsentito.
Quell'incontro ha lasciato un'impressione gradevolissima, simile a quella che dà un profumo – che in giapponese si dice kaoru – e abbiamo cominciato a scriverci.  
Mano a mano che i messaggi di posta elettronica andavano e venivano dall'Inghilterra alla Svezia, mi trovavo ad essere sempre più stupita delle sue qualità, e ... perché non dirlo, stavo innamorandomi di lui.
In uno di quei messaggi mi scriveva di aver conosciuto una famiglia di polacchi cattolici, e che, vedendo la vita che conducevano, gli era venuto  un certo interesse per il cattolicesimo. Tatsuya aveva studiato in una scuola cattolica di Kyoto dove aveva sentito parlare di Gesù Cristo, ma da parte sua lo aveva interessato poco.
E proprio in Svezia, ho pensato, in cui ci sono così pochi cattolici – meno di 150.000 su nove milioni di abitanti - aveva incontrato una famiglia cattolica!
Mail dopo Mail, mi raccontava il suo avvicinamento a Cristo, vedendo la coerenza di vita di queste persone.  In un altro messaggio mi ha scritto che stava frequentando alcune lezioni di catechismo. Gli ho mandato ‘Cammino’ in giapponese, che apprezzò moltissimo.
Dalla posta elettronica passammo alle telefonate, e subito dopo a Skype (meno male, perché altrimenti avremmo avuto un fidanzamento molto costoso) e decidemmo che avremmo dovuto vederci di persona al più presto possibile.
Non è stato facile, né economico, perché l'Inghilterra e la Svezia non così vicine tra loro come può sembrare dalle carte geografiche. Finalmente ci siamo di nuovo incontrati nel gennaio del 2004, sei mesi dopo il nostro primo incontro.
È stata la seconda volta nella nostra vita in cui abbiamo parlato faccia a faccia in persona; fino ad allora, ad eccezione di quelle tre ore in metropolitana e nella biblioteca, il nostro rapporto era stato sempre esclusivamente cibernetico.
Tatsuya mi ha dato una notizia e mi ha fatto una proposta. La notizia era che aveva deciso di farsi battezzare nella Chiesa cattolica il mese successivo. E la proposta era che voleva sposarmi il più presto possibile. Non potevo rifiutare – mi dicevo -  perché ero l'unica ragazza cattolica che conosceva!
Da non crederci: pensavo che questo genere di cose- un incontro in Metropolitana, un flirt, eccetera – potessero accadere solo nei films.
Ma no; questo era vero; così reale che nel mese di febbraio sono andata in Svezia per assistere al suo battesimo in una parrocchia di Umeo; e il 26 giugno del 2004, festa di San Josemaría, un anno dopo il nostro primo incontro, ci siamo sposati a Kyoto.
E ora siamo entrambi dell'Opus Dei. Sono molto felice, il nome giapponese di Maria Teresa, la mia figlia minore naturalmente è  Michiru, cioè abbondanza.   Questo nome è un rendimento di grazie al Signore che ci ha dato tanti doni.
La verità è che ho tre bambini piccoli così vicini tra loro che mi danno un sacco di lavoro; ma io non smetto di rendere grazie a Dio per tutto, soprattutto per quella serie di casualità,  i regali che mi ha fatto la sua provvidenza,..


TRADUZIONE di Lino Bertuzzi da scansione del volume

Brano dal libro:  ISBN: 978-84-321-4254-3
Deposito legai: M-3185-2013
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